Lingua italiana: verso il pensionamento?

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    Lichtenstein .. o San Marino, che anche loro hanno il rappresentante all'ONU

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    http://www3.lastampa.it/scuola/sezioni/new...lo/lstp/449852/

    milano

    Il processo di anglificazione dell’università italiana ha fatto il suo salto di qualità al Politecnico di Milano. Qui, dal 2014, «l’intera offerta formativa magistrale», vale a dire biennio finale e dottorati, saranno «erogati» in lingua inglese. Detto - ancora per poco - in italiano, significa che dopo il triennio di base non ci sarà più il «doppio binario» dei corsi nelle due lingue ma solo nell’inglese. Docenti e studenti hanno due anni di tempo per prepararsi, poi chi si iscriverà all’ateneo milanese saprà a che cosa va incontro.

    In realtà chi studia al Politecnico sa che si tratta solo dell’accelerata finale di un processo di internazionalizzazione iniziato da qualche anno e fortemente voluto dal rettore Giovanni Azzone come «contributo alla crescita del Paese». «L’Italia può crescere solo se attrae intelligenze, visto che non può contare sulle materie prime», sostiene il rettore, che quindi si pone come obiettivo quello di «formare capitale umano di qualità in un contesto internazionale per rispondere sia alle esigenze delle imprese sia a quelle degli studenti che vogliono essere “spendibili” sul mercato del lavoro mondiale».

    Il motivo di questa scelta radicale, dunque, sarebbe duplice: attrarre studenti stranieri di qualità interessati al nostro Paese ma che oggi non verrebbero per via della barriera linguistica; e attrezzare gli studenti italiani - soprattutto quelli che non avrebbero la possibilità di studiare all’estero - a lavorare (magari anche per aziende italiane) nel mondo.

    A sentire il rettore, il riscontro da parte degli studenti, stranieri e italiani, è stato positivo. Quanto ai professori, il Senato accademico si sarebbe espresso per il sì a larghissima maggioranza. Le voci contrarie non mancano, ma questi due anni di transizione serviranno a tutti per prepararsi al transito. «Per i professori abbiamo attivato un piano formativo e chi ritiene di dover migliorare potrà farlo», spiega il rettore Azzone, «i nostri docenti sono abituati al contesto internazionale ma anche per me, come professore, so che sarà più faticoso insegnare in inglese che in italiano». Quanto agli studenti, il Politecnico studierà convenzioni vantaggiose perché i ragazzi possano approfondire la lingua durante il triennio.

    L’investimento sarà importante: 3,2 milioni di euro per attrarre un corpo docente internazionale (15 professori, 30-35 post-doc, 120 visiting professor). Del resto, l’internazionalizzazione già avviata ha permesso al Politecnico di attrarre più studenti stranieri: dall’1,9% del 2004 sul totale degli iscritti, al 17,8 del 2011.

    Questo sprint finale, però, ha spiazzato e sconcertato non poco molta parte del mondo accademico, e non solo quello dei cultori della «lingua di Dante»; anche se questi, ovviamente, sono i più preoccupati.

    A fine mese l’Accademia della Crusca terrà una tavola rotonda sul quesito «Quali lingue per l’insegnamento universitario?» a cui parteciperanno intellettuali di estrazione non solo umanistica ma anche scientifica e giuridica. Una delle obiezioni più forti all’idea stessa dell’operazione è infatti che il passaggio totale da una lingua all’altra in ambito universitario si trasformi in sostanza in un «trapasso» per la lingua madre (soprattutto nell’ambito del sapere tecnico-scientifico), che avrebbe conseguenze negative anche nel processo della produzione del pensiero e della ricerca. Il linguista Tullio De Mauro, invece, ha contestato l’operazione sia per il fatto che coinvolge «un’intera facoltà», sia perché tutto questo avviene non in un’università privata, ma in quella pubblica. E, in cauda venenum: «Non aiuta a migliorare la conoscenza della lingua madre; e questo ha effetti negativi sull’intelligenza».



     
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  2. Illusive Man
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    Becoming India...
     
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  3. CalamaroDaLaboratorio
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    Secondo me dovrebbero anche iniziare a fare qualche bel programma televisivo italiano in lingua inglese e magari iniziare a fare uscire i film al cinema in lingua originale coi sottotitoli italiani. Mi sembra che ci siano gia programmi televisivi esclusivamente in lingua inglese in diverse nazioni. Già in italia la TV è stata utilizzata per insegnare l'italiano sostituendolo ai dialetti (per quanto possa essere servito visto che quasi mezza italia si ostina a non voler imparare l'italiano ancora oggi anche tra i giovanissimi). Per quanto ne so io l'italia non e' nemmeno alla fine dell'inizio del suo processo di italianizzazione e non so se riuscira a fare questo passo. Secondo me tutto si risolvera' con una pesante riduzione di iscrizioni da parte degli italiani al Politecnico di Milano.
     
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  4. juliya
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    E' da quando c'è lo streaming che guardo tutto in inglese con i sottotitoli: risultato? D'inglese so meno di prima perché parlano alla cacchio di cane gli americani. E' come imparare il siculo invece dell'italiano.
    telefilm inglesi belli ce ne so pochi.
     
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    CITAZIONE (CalamaroDaLaboratorio @ 12/4/2012, 15:09) 
    Già in italia la TV è stata utilizzata per insegnare l'italiano sostituendolo ai dialetti (per quanto possa essere servito visto che quasi mezza italia si ostina a non voler imparare l'italiano ancora oggi anche tra i giovanissimi).

    dici? e che lingua parlano i giovanissimi? :unsure:

    oh .. io ho quasi cinquant'anni e già si nota una significativa percentuale di miei coetanei che non sanno parlare in dialetto, e alcuni non lo capiscono nemmeno. Fra i più giovani mi sembra pure peggio. Non sanno parlare e non capiscono il dialetto. Probabilmente parlano pure male l'italiano. Ma allora se tanto mi dà tanto, non impareranno nemmeno l'inglese così.


    CITAZIONE
    Una delle obiezioni più forti all’idea stessa dell’operazione è infatti che il passaggio totale da una lingua all’altra in ambito universitario si trasformi in sostanza in un «trapasso» per la lingua madre (soprattutto nell’ambito del sapere tecnico-scientifico), che avrebbe conseguenze negative anche nel processo della produzione del pensiero e della ricerca

    Probabilmente ci sarà una commistione fra accenti, forme grammaticali, tra l'italiano e l'inglese che darà vita a un nuovo gergo linguistico non meglio identificato, io credo.
     
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  6. juliya
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    CITAZIONE (Ritavi @ 12/4/2012, 15:21) 
    oh .. io ho quasi cinquant'anni

    Ma quanto te manca a 50?
    Non facciamo che te ne mancano 4 altrimentio io ce ne ho quasi 30 :angry:
     
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  7. CalamaroDaLaboratorio
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    Ritavi sono quasi sicuro che tu sia del nord Italia... infatti e' nel nord italia che i giovanissimi non parlano piu i dialetti... proprio perchè hanno imparato a parlare soltanto l'italiano. Il fatto che poi lo parlino usando la K o sbagliando qualche congiuntivo non vuol dire non parlare bene l'italiano... io personalmente la maggior parte dei giovanissimi che conosco che vivono a sud non conoscono proprio le basi della grammatica italiana e si limitano al massimo a fare una traduzione pacchiana del dialetto pari pari.. ne escono frasi come "IO HA DA MALATO" o "LA SCUOLA NON MI IMPARA COME HA IL LAVORO A ME". poi magari il dialetto lo parlano ancora benissimo.
    Personalmente l'inglese lo sto imparando sempre di più leggendo articoli in inglese e aiutandomi con google traduttore (aiutandomi sempre meno) e guardando molti video in lingua inglese anche senza sottotitoli.
     
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    CITAZIONE (juliya @ 12/4/2012, 15:30) 
    CITAZIONE (Ritavi @ 12/4/2012, 15:21) 
    oh .. io ho quasi cinquant'anni

    Ma quanto te manca a 50?
    Non facciamo che te ne mancano 4 altrimentio io ce ne ho quasi 30 :angry:

    3 e mezzo per la precisione -_- Se parliamo di generazioni a classificazione "decennale" ^_^ (ventenni, trentenni, quarantenni etc.) sono più vicino ai cinquantenni, e tra l'altro mi ci sento più vicina anche come modo di ragionare o come esperienze. Per dire.. se parlo dell'infanzia o dell'adolescenza ho più cose in comune con quelli che hanno 6/7 anni più di me che non con quelli che ne hanno 6/7 in meno per esempio.

     
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  9. Cavaliereazzurro
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    E' vergognoso.
    Stanno, letteralmente, distruggendo le culture nazionali per generare una brodaglia disgustosa di povertà e senza anima.

    Oltre ad introdurre questa vera porcata, la " Cultura anglosassone" sta già appestando i tanti corsi di laurea italiani in modo vergognoso, venendo perennemente rappresentata come " Superiore", quando è di gran lunga inferiore alla storia e complessità di quella Europea.

     
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  10. jona0
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    Ho girato abbastanza l'Europa e ho notato che in quasi tutti i Paesi dove sono stato è relativamente facile, per uno straniero, comunicare in Inglese.
    Da noi, purtroppo, non è così. Vivo nell'hinterland di Milano. In un comune che, per via della presenza delle sedi di svariate aziende multinazionali, è sicuramente molto più "internazionale" della maggior parte dei paesi e delle città in Italia. Eppure quando uno straniero prova ad ordinare in inglese al supermercato, il personale va nel panico. Nessuno è in grado di dare risposta e, spesso, commesse e cassiere chiedono aiuto a qualche cliente che faccia da interprete.
    Uno dei punti deboli del nostro Paese è proprio la scarsa conoscenza dell'Inglese. Altrove la maggioranza delle persone parla inglese, da noi invece, pare che sia appannaggio di una elite.
    Ben vengano queste iniziative.

    CITAZIONE (juliya @ 12/4/2012, 15:16)
    E' da quando c'è lo streaming che guardo tutto in inglese con i sottotitoli: risultato? D'inglese so meno di prima perché parlano alla cacchio di cane gli americani. E' come imparare il siculo invece dell'italiano.
    telefilm inglesi belli ce ne so pochi.

    Non credo sia inutile.
    Perchè quando sei all'estero è più facile incontrare gente che parla l'inglese del brutto telefilm e non quello dell'enciclopedia britannica.

     
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    CITAZIONE (jona0 @ 13/4/2012, 16:03) 
    Uno dei punti deboli del nostro Paese è proprio la scarsa conoscenza dell'Inglese. Altrove la maggioranza delle persone parla inglese, da noi invece, pare che sia appannaggio di una elite.
    Ben vengano queste iniziative.

    non vedo come risolva il problema della scarsa conoscenza dell'inglese della maggioranza delle persone.
    Si parla di università. Chi non frequenta l'università parlerà come ha sempre parlato. E i commessi al supermercato avranno sempre difficoltà a rispondere agli stranieri (a meno che non siano laureati.. il che è anche probabile e lo sarà sempre di più in futuro -_- ma il discorso si farebbe complicato )
    A meno che non si parta dalla cima per arrivare alla base.
    Cominciando ad insegnare "solo" in inglese nelle università, poi nei licei, poi nelle medie e alle elementari.
    Ma in questo caso ha ragione l'Accademia della Crusca, si tratta, in un certo senso, dell" "inizio della fine" della lingua italiana.
    Tra l'altro, "settorizzando" per arti e saperi in genere esistono già predominanze dell'una o dell'altra lingua, limitatamente a modi di dire o definizioni (la musica parla italiano ad esempio, il balletto classico francese, la tecnologia inglese e il diritto latino), ma chiaramente a giurisprudenza non si insegna in latino, nè mi risulta si tengano lezioni in italiano nei conservatori inglesi e americani.
     
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  12. CalamaroDaLaboratorio
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    ripeto: in italia proporre di fare qualcosa in lingua inglese significa essere ignorati dal 99,9% della popolazione. Gli italiani evitano categoricamente di avere a che fare con qualsiasi cosa che non sia in lingua italiana.
     
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  13. matteo maria
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    A fine mese l’Accademia della Crusca terrà una tavola rotonda sul quesito «Quali lingue per l’insegnamento universitario?» a cui parteciperanno intellettuali di estrazione non solo umanistica ma anche scientifica e giuridica. Una delle obiezioni più forti all’idea stessa dell’operazione è infatti che il passaggio totale da una lingua all’altra in ambito universitario si trasformi in sostanza in un «trapasso» per la lingua madre (soprattutto nell’ambito del sapere tecnico-scientifico), che avrebbe conseguenze negative anche nel processo della produzione del pensiero e della ricerca. Il linguista Tullio De Mauro, invece, ha contestato l’operazione sia per il fatto che coinvolge «un’intera facoltà», sia perché tutto questo avviene non in un’università privata, ma in quella pubblica. E, in cauda venenum: «Non aiuta a migliorare la conoscenza della lingua madre; e questo ha effetti negativi sull’intelligenza».

    Mi fanno ridere quelli dell'accademia della crusca, che noi paghiamo per decidere se "fa" si può scrivere con l'accento o senza. Tra l'altro, quello che decidono non ha nemmeno valore normativo. Probabilmente hanno paura di perdere il posto.
    De Mauro andrebbe finalmente mandato in pensione. Nella sua carriera di danni ne ha fatti già abbastanza e qui conferma la sua visione ottocentesca della didattica.

    CITAZIONE
    Secondo me dovrebbero anche iniziare a fare qualche bel programma televisivo italiano in lingua inglese e magari iniziare a fare uscire i film al cinema in lingua originale coi sottotitoli italiani. Mi sembra che ci siano gia programmi televisivi esclusivamente in lingua inglese in diverse nazioni.

    MA MAGARI!!!

    CITAZIONE
    Già in italia la TV è stata utilizzata per insegnare l'italiano sostituendolo ai dialetti (per quanto possa essere servito visto che quasi mezza italia si ostina a non voler imparare l'italiano ancora oggi anche tra i giovanissimi).

    Insegnare l'italiano va bene, ma è stato sbagliato sostituire i dialetti con l'italiano e non semplicemente affiancarli. Sarebbe stata un'ottima cosa e sicuramente, oltre a dare un valore aggiunto alla nostra attuale cultura, si sarebbero potuti imparare entrambi con enormi vantaggi nell'apprendimento di altre lingue. C'è stata anche gente che lo aveva proposto seriamente, ma come succede sempre in italia, è prevalso il peggio: divieto implicito dei "dialetti" e utilizzo esclusivo di un pessimo italiano. Stendiamo un velo pietoso sull'insegnamento scolastico sia dell'italiano che delle lingue straniere, a un livello medievale persino rispetto alle nazioni africane e asiatiche!

    CITAZIONE
    Per quanto ne so io l'italia non e' nemmeno alla fine dell'inizio del suo processo di italianizzazione e non so se riuscira a fare questo passo.

    Speriamo che l'italia non si italianizzi mai. L'italianità, intesa come omologazione dei gusti e dei costumi in un sistema italiano omogeneo, è una degenerazione perché è la negazione stessa di tutto ciò che contraddistingue e ha contraddistinto in meglio questa nazione.

    CITAZIONE
    Secondo me tutto si risolvera' con una pesante riduzione di iscrizioni da parte degli italiani al Politecnico di Milano.

    Non lo so. Tanto un sacco di giovani è disposta ad andare a studiare all'estero, quindi potrebbe anche non essere vero.

    CITAZIONE
    E' da quando c'è lo streaming che guardo tutto in inglese con i sottotitoli: risultato? D'inglese so meno di prima perché parlano alla cacchio di cane gli americani. E' come imparare il siculo invece dell'italiano.
    telefilm inglesi belli ce ne so pochi.

    Se capisci l'inglese americano puoi dare per scontato di avere un'ottima conoscenza dell'inglese e hai tutta la mia stima perché io sono 10 anni che studio l'inglese ma non ci capisco una parola.

    CITAZIONE
    Oltre ad introdurre questa vera porcata, la " Cultura anglosassone" sta già appestando i tanti corsi di laurea italiani in modo vergognoso, venendo perennemente rappresentata come " Superiore", quando è di gran lunga inferiore alla storia e complessità di quella Europea.

    Cavaliere, se vogliamo che questo paese provinciale emerga dal baratro bisognerà iniziare a studiare seriamente la lingua internazionale, cioè l'inglese. Ma non con gli esercizietti e le canzoncine da terza elementare, bensì praticandola.
    Ci sono nazioni del profondo Terzo Mondo che ci bagnano il naso su questo aspetto.

    CITAZIONE
    Cominciando ad insegnare "solo" in inglese nelle università, poi nei licei, poi nelle medie e alle elementari.
    Ma in questo caso ha ragione l'Accademia della Crusca, si tratta, in un certo senso, dell" "inizio della fine" della lingua italiana.

    Sono balle da parrucconi. Al contrario, una delle peggiori sciagure della cultura italiana è quella di ritenere possibile l'utilizzo generalizzato di una sola lingua, che ovviamente è quella italiana. Il plurilinguismo invece è realtà nella maggior parte del mondo (persino in Italia dovrebbe esserlo, siccome esistono i cosiddetti "dialetti"). Il monolinguismo è una eccezione dannosa a livello cognitivo e culturale.
    Ci sono popoli in Africa e in India che parlano a livello fluente 4 o 5 lingue autoctone più una lingua ex-coloniale senza avere aperto un libro. Perché noi dovremmo abbandonare l'italiano per l'inglese o viceversa?

    CITAZIONE
    ripeto: in italia proporre di fare qualcosa in lingua inglese significa essere ignorati dal 99,9% della popolazione. Gli italiani evitano categoricamente di avere a che fare con qualsiasi cosa che non sia in lingua italiana.

    Potresti anche avere ragione, ma la cosa è tragica. L'italiano è un dialetto se rapportato all'immensità del mondo. Fuori dall'italia con la sola lingua italiana non vai da nessuna parte.
     
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  14. jona0
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    Ecco l'opinione di Beppe Severgnini.
    Sono d'accordo su TUTTO.

    Sono tornato al Politecnico di Milano, ieri, per una conversazione pubblica in inglese (“Average is over”). Un piccolo segno di solidarietà verso un’istituzione accademica che ha fatto la cosa giusta: la formazione magistrale e dottorale avverrà infatti in inglese, a partire dal 2014. Lo scandalo con cui è stata accolta la notizia è un classico esempio di CIRPI (Clamore Italiano Retorico Passeggero e Incomprensibile). I giovani ingegneri continueranno a vivere, comunicare e lavorare in italiano: aggiugono una lingua, non la tolgono.
    Non solo: i Cirpisti (vedi sopra) ragionano come se esistesse una scelta. Invece la scelta non c’è. Al Politecnico i ragazzi già studiano su testi inglesi (troppo complicato e costoso tradurli) e, appena andranno nel mondo a lavorare, lavoreranno in inglese. Se nel corso di un progetto in Brasile gli italiani parlassero italiano, i tedeschi in tedesco e i locali in portoghese, il gruppo non riuscirebbe mai a costruire un ponte. Al massimo, la torre di Babele.
    Non è un caso che le domande di studenti stranieri per il Politecnico di Milano sia aumentate di colpo. L’incremento di studenti Extra Ue che hanno chiesto di iscriversi alle Lauree Magistrali è del 40% (notizia AGI). Su 3.473 domande arrivate, 1.643 sono state approvate. L’ateneo – leggo – ha scelto di puntare su sette paesi particolarmente rilevanti per l’economia dell’Italia: oltre a Brasile, Russia, India e Cina (BRIC) anche Vietnam, Turchia e Iran.
    Il dato è importante perché alla nostra preoccupante diaspora intellettuale (300.000 persone, dato OCSE 2011) non ha corrisposto, finora, la capacità di attrazione. Fanno eccezione le università che tengono interi corsi in inglese (per esempio la Bocconi, dal 2006) e, per scelta e vocazione, l’Università per Stranieri di Perugia. La situazione sarebbe peggiore se, talvolta, non venissero conteggiate le migliaia di studenti USA che ogni semestre arrivano a Firenze. Ma loro destinazione è la sede locale di una prestigiosa università americana; la lingua di studio, ovviamente, l’inglese.
    So che alcuni docenti del Politecnico si sono opposti alla novità. Leggo su Repubblica.it (25 aprile) che 234 strutturati (tra ricercatori, associati e ordinari) ha firmato un “Appello a difesa della libertà di insegnamento”. Ritengono che la decisione del rettore sia contraria all’articolo 271 del regio decreto del 1933 (!) secondo cui «la lingua italiana è lingua ufficiale dell’insegnamento e degli esami in tutti gli stabilimenti universitari». E vedono a rischio «la libertà di scelta di docenti e studenti e il pluralismo dell’offerta formativa», messi in discussione dall’inserimento di un «criterio di discriminazione su base linguistica con effetti sicuri, anche se non del tutto prevedibili e governabili, sulle carriere del personale docente e su quelle degli studenti».
    Prego notare l’ordine delle preoccupazioni: dice tutto.
    Beppe Severgnini
     
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  15. Cavaliereazzurro
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    Quindi è giusto che la lingua primaria in corsi italiani diventi l'inglese?
    Che buffoni, siete indifendibili.
     
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16 replies since 12/4/2012, 13:16   575 views
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