CHI E' GEORGE SOROS?

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  1. juliya
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    IMPERIALISMO-CHIC: GLI AGENTI IMPERIALI
    DEL NUOVO MILLENNIO SONO LIBERAL,
    DEMOCRATICI ED ECOSOLIDALI

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    tre volti “garbati” dell’imperialismo:
    Per imperialismo si intende la tendenza di uno Stato a proiettare aggressivamente verso l’esterno i propri interessi economici, le proprie esigenze di difesa, la propria immagine nazionale e la propria cultura. L’imperialismo affonda le sue radici in una mescolanza di politiche di potenza, di politiche di sfruttamento volte all’assoggettamento di interi popoli e territori. Naturalmente, il percorso di affermazione di una politica imperiale è cambiata per forza di cose nel corso della storia; se nel passato a fomentare queste mire erano forze conservatrici e nazionaliste, oggi tutto ciò non accade più, o meglio, non in questi termini. Questo genere di politiche non sarebbero più accettate come “normali” dalle popolazioni, per questo, le élite che si muovono dietro le politiche imperiali del nuovo millennio, hanno bisogno di mascherarsi, di nascondersi dietro una facciata “progressista e democratica”, per virare l’attenzione dalle loro vere finalità e intenzioni.

    1) Bombe “liberal” per guerre “democratiche”

    NewRepublicObama2.jpgL’aggressione alla Libia, da parte delle potenze occidentali, è solo l’ultimo esempio di imperialismo “new age”. Proprio con l’esempio libico è possibile dimostrare come le forze politiche e d’opinione, cosiddette liberal, abbiano giocato un ruolo chiave nell’avvio delle ostilità. Poco prima dell’intervento ufficiale in Libia, e cioè il 19 marzo 2011, negli Stati Uniti, ambienti vicino alla “sinistra” e all’editoria liberal erano fortemente contrari all’atteggiamento “attendista” di Obama. Il “Washington Post”, il 16 marzo, imputava ad Obama una mancanza di strategia per un intervento militare in Libia, ancora preso poco in considerazione. Una delle più importanti riviste online statunitensi, “Slate”, attaccava invece Obama definendolo uno “svizzero”, con il suo atteggiamento neutrale nei confronti “delle rivoluzioni democratiche”, e sentenziava: “manca di coraggio e principi, la sua risposta alla crisi libica è patetica e vergognosamente inadeguata”. La rivista “New Republic”, invece, definì “una disgrazia” la politica attendista di Obama oltre che “stupida, triste e indecente”. [1]

    Naturalmente, nella nostra Italia le cose non vanno diversamente, infatti, ad esaltarsi per l’intervento libico sono stati maggiormente gli ambienti vicini alla “sinistra” nostrana. Concita De Gregorio, bastione del giornalismo vampe & chic italiano, il 18 marzo in un suo articolo farà eco alle parole del cariatideo Napolitano: “ci aspettano decisioni difficili, ha detto ieri il presidente Napolitano che sa bene di cosa parla, a differenza della stragrande maggioranza degli italiani di guerre il presidente ne ha già vissuta una(?), e aggiunge: “prepariamoci a discutere di nuovo di guerra giusta, speriamo prima di sentirne il sibilo. Non si possono lasciare soli gli eroi del “nuovo risorgimento del mondo arabo”, per usare le parole di Napolitano, certo che no!” [2]

    A livello politico, a parte le iniziali titubanze e ritrosie del governo, tutti sono stati contenti e felici di votare l’intervento, anche se la stessa linea interventista non sarebbe passata se non avesse avuto l’appoggio entusiastico del PD, visto che la Lega, non partecipando al voto, si è di fatto dissociata dalla decisione dell'esecutivo. Anche altri leader politici della “sinistra” italiana hanno appoggiato entusiasticamente l’intervento, come Nichi Vendola, che esalta l’iniziativa della Nato per i suoi scopi salvifici per la popolazione libica: "Dobbiamo lavorare per impedire il massacro dei civili in Libia ed impedire che Gheddafi completi la sua macelleria”. [3]

    Questo è solo un esempio di come le forze cosiddette progressiste partecipino attivamente e non alle attività guerrafondaie di stampo imperiale, facendo semplice e becera retorica, manipolando l’opinione pubblica distorcendo quella che è la vera realtà dei fatti.

    2) Ambientalismo choc per consorterie chic

    Un fenomeno che negli ultimi anni sta prendendo sempre più piede, sia a livello politico che sociale, è quello dell’ambientalismo. Le idee cardine di questo movimento sono il riscaldamento globale, l’inquinamento, la difesa degli ecosistemi ecc. Uno dei “padrini” del movimento ambientalista è senz’altro il Premio Nobel per la pace Al Gore, che da anni collabora con organizzazioni che si occupano della salvaguardia dell’ambiente. Ma per capire veramente le sue finalità bisogna ripercorre a ritroso tutta la storia politica dell’ex vicepresidente USA.

    2004-al-gore.JPEGGore inizia la sua carriera politica negli anni ’70, e proprio in questi anni collabora sporadicamente con l’Fbi, in operazione atte a “screditare e rovinare” alcuni politici di colore nella cosiddetta “Operation Fruehmenschen”(operazione “uomo primitivo”). A causa di questa operazione Gore fu largamente condannato dalla comunità afroamericana per i suoi “comportamenti” e venne anche accusato di razzismo. Tutta la carriera politica di Al è stata finanziata da ambienti vicini al “Middleburry College”, dove si effettuano studi all’avanguardia sull’ambiente e sul “controllo demografico”. Negli anni in cui fu presidente della Commissione USA-Sud Africa sull’AIDS, si adoperò in prima persona ad impedire il trattamento dei malati di AIDS con medicinali generici, minacciando rappresaglie economiche contro il Sud Africa; per questo fu accusato dagli attivisti contro l’AIDS di essersi schierato con i monopoli farmaceutici avallando di fatto un genocidio contro l’Africa Nera. Dalla fine degli anni ’80 promuove l’embargo della tecnologia moderna verso il Terzo Mondo, con il pretesto che si tratti di “tecnologia duale”, ovvero utilizzabile sia per scopi civili che militari. In queste tecnologie duali rientrano persino i mezzi di trasporto pesanti e i composti chimici primari per la produzione di fertilizzanti.[4]

    Recentemente, durante una delle sue conferenze sull’ambiente, per sensibilizzare l’opinione pubblica sul riscaldamento globale, Gore ha affermato che il cambiamento climatico possa essere fermato solo “stabilizzando la popolazione”, rendendo “indispensabile passare a una vera e propria amministrazione della fertilità tra i poveri per ridurre la popolazione mondiale”.[5] Quindi, secondo questa visione “neomalthusiana”, sarebbe meglio accoppare qualche centinaio di bambini, magari “neri e africani”, per salvare la vita di un albero secolare o di un “picchio torcicollo himalayano”(che rischia l’estinzione eh!).

    Naturalmente, l’aitante Al non è il solo a supportare queste tesi; a finanziare ed “oliare” altri movimenti ambientalisti che hanno le stesse finalità ci sono: Bill e Melinda Gates, Ted Turner, il principe Carlo d’Inghilterra, Filippo d’Edimburgo ed altri importanti uomini facoltosi, tutti accomunabili alla stessa consorteria chic ed élitaria. Quindi, facendo un piccolo sforzo mentale, le presunte politiche ambientaliste che Gore e soci propugnano da anni, altro non sono che un attacco alle popolazioni del Terzo Mondo, soprattutto quelle africane, in quanto tendono a privarle di ogni opportunità di “autonomo” sviluppo industriale, da cui dipende la possibilità per queste popolazioni di sottrarsi al genocidio imperialista occidentale, impostole da decenni tramite il sottosviluppo forzato.

    3) Colori “democratici” per rivoluzioni “vivaci”

    Il “rapporto” del 2009 sullo stato della democrazia nel nostro Paese eseguitotravaglio-15583311.jpg dall’organizzazione non governativa statunitense Freedom House, “che si pone come obiettivo la promozione della libertà nel mondo”, è impietoso. Infatti, l’Italia, viene declassata da paese libero(free) a parzialmente libero(partly free), unico caso nell’Europa Occidentale, piazzandosi nella classifica generale al settantatreesimo posto, dopo Benin e Israele.[6] Proprio su questi dati, il 5 maggio 2010, Marco Travaglio e Antonio Padellaro(vicedirettore e direttore del Fatto Quotidiano), si sono confrontati in un incontro organizzato dal Popolo Viola alla prestigiosa “London school of Economics” di Londra sullo “stato della libertà di informazione in Italia”.

    “Sento sempre un po’ di imbarazzo nel parlare di Italia al di fuori dell’Italia perché non ho molte buone notizie; gli italiani che vivono fuori dal nostro stato hanno il privilegio di poter vedere e capire l’anomalia della situazione italiana”; con queste parole Marco Travaglio esordisce esponendo alla platea lo stato dell’informazione nel nostro paese, monopolizzato dallo “spaventoso” conflitto di interessi del premier Silvio Berlusconi.[7] L’incontro alla London School of Economics(LSE) era soltanto il culmine di una protesta che era divampata accesamente già nel corso del 2009; infatti, poco meno di un anno prima, uno dei più grandi finanziatori della LSE, George Soros,[8] aveva deciso di “scendere in campo” in Italia, per salvaguardare il nostro paese dalle picconate alla democrazia inferte da Silvio Berlusconi. [9]

    soros.jpgGeorge Soros dice di sé: “sono un uomo di Stato senza Stato. Nel realismo della geopolitica, ormai gli Stati sono fatti solo di interessi e non di principi. Io allora sono un capo con solo i principi e senza interessi”.[10] Il “filantropo” Soros nacque in Ungheria nel 1930 ed emigrò in Inghilterra nel 1947 dove si laureò alla sopracitata London School of Economics. Nel 1956 parte alla volta degli Usa con l’obiettivo di guadagnare abbastanza denaro a Wall Street per potersi mantenere come scrittore e filosofo. Fondatore del Soros Fund Management, nel 1970 fu uno dei co-fondatori del Quantum Fund, con il quale nel 1992 vendendo allo scoperto più 10 miliardi di dollari in sterline, riuscì ad innescare una crisi che portò alla svalutazione della sterlina e alla sua fuoriuscita dallo SME(sistema monetario europeo). Da lì a poco, con un giochetto simile, Soros fece toccare la stessa sorte anche alla Lira italiana. Da quel processo Soros guadagnò una cifra stimata in oltre un miliardo di dollari.[11] Parallelamente alle attività speculative, dagli anni ’70 Soros inizia l’attività di filantropo tramite la sua Open society Institute, per promuovere la democrazia, i diritti, l’istruzione e combattere la povertà nel mondo. Egli è considerato la mente attiva delle cosiddette rivoluzioni “non-violente”, che da almeno trentacinque anni destabilizzano e condizionano la vita politica dei Paesi dell’Est Europa e dell’Asia, avendo finanziato per anni organizzazioni come Radio Free Europe, Charta 77 in Cecoslovacchia e Solidarnosc in Polonia.[12] Il suo obiettivo di contribuire ad un processo di democratizzazione e soprattutto ad un “processo di liberalizzazione economica delle zone dell’ex Unione Sovietica”[13] lo ha portato a finanziare quelle che sono passate alla storia come rivoluzioni colorate; alcuni esempi sono: Georgia (2003, rivoluzione delle rose), Ucraina (2004, rivoluzione arancione), Kirghizistan (2005, rivoluzione dei tulipani), alla cui ondata “emotiva” si affiancarono altri tentativi golpisti, quasi subito rientrati e falliti, in Bielorussia (2006, rivoluzione dei jeans), in Azerbaigian (2005, rivoluzione arancione-verde), in Libano (2005, rivoluzione dei cedri), e in Iran (2009, rivoluzione verde). Ognuno di questi movimenti di piazza, apparentemente spontanei, ha come obiettivo il cambio di governance del proprio paese, presentando sempre una volontà politica di apertura economica, commerciale e strategica nei confronti dell’occidente. Altre caratteristiche comuni sono: avvengono all’interno di nazioni legate a doppio filo con Russia e/o Cina, utilizzano metodi di proselitismo incentrati sulle nuove tecnologie (social network ecc.), ed hanno tutte un colore come simbolo ed emblema della rivolta.[14]

    Ritornando ai fatti nostrani, la decisione di “scendere in campo” da parte di Soros, sembrerebbe essere arrivata dopo la conferenza stampa della presentazione del G8 da parte di Berlusconi nel luglio 2009, dove il premier si riteneva soddisfatto per gli accordi USA-Russia sul nucleare, attribuendo a sé una parte concreta del merito sul raggiunto accordo, vista la sua intima amicizia con Vladimir Putin. Queste dichiarazioni avrebbero mandato su tutte le furie Soros e alcuni circoli americani, che l’avrebbero vista come una “pubblica sfida” del premier italiano nei confronti della politica estera americana e soprattutto a quella rete di finanzieri che stavano ricostruendo faticosamente rapporti con Mosca. Per questo, durante un consiglio di amministrazione della “Open Society Institute” riunitosi d’urgenza, si è deliberato l’apertura di due sedi in Italia, precisamente una a Milano ed una a Roma.[15] Ma è il
    violas.jpg5 dicembre del 2009 che succede qualcosa di “strano”: nelle piazze di Roma si riversano migliaia di persone alla manifestazione “No-B day”, organizzata apparentemente in maniera spontanea grazie ai social network, avente come simbolo il colore viola, che darà poi il nome al movimento: Il Popolo Viola. L’unico collante in quella piazza, al di là delle ideologie politiche, era quello di contrastare strenuamente le politiche del premier Silvio Berlusconi. Le somiglianze con le cosiddette rivolte colorate non mancano, le eminenze grigie sembrerebbero le stesse, per questo i dubbi di una qualche concomitanza di intenzioni permangono, anzi, sembrerebbero quasi certezze. Fatto sta, che questo altro non è che un chiaro esempio di come élite finanziarie possano intromettersi nelle vite degli Stati, mandando semplici avvertimenti come in Italia o andando “oltre” come in altre zone del mondo, destabilizzando coscientemente le popolazioni, al fine di soggiogarle ai propri interessi.

    Questi sono i volti belli e puliti del potere, un potere che come afferma Noam Chomsky “sta finendo in mano a sistemi totalitari, di fatto vere e proprie tirannidi private”.[16] L’abile manipolazione dell’opinione pubblica e l’interesse affaristico e privatistico che si cela dietro l’élite economica e finanziaria è il vero volto dell’imperialismo del nuovo millennio.

    http://lavocedelcorsaro.myblog.it/tag/george%20soros
     
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3 replies since 25/10/2011, 23:25   861 views
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