La geometria del volto femminile: le regole scientifiche della bellezza

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    Articolo pubblicato su LE SCIENZE, nell'aprile del 2002.
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    Le basi innate della percezione estetica
    De gustibus non disputandum, dicevano gli antichi, e in tema di bellezza i condizionamenti culturali sono importanti. Ma quando si tratta di scegliere il partner entrano in gioco meccanismi neurobiologici che pescano nel passato più remoto della specie.

    di Alessandro Cellerino.


    Ha senso ricercare una base biologica e innata della percezione estetica che prescinda da variazioni storico-culturali? Se la società genera canoni di bellezza, rimane da spiegare perché le persone siano così sensibili a questo tipo di modelli e perché siano disposte a enormi sacrifici economici, alimentari e di tempo pur di adeguarvisi. In un suo celebre studio, lo psicologo David Buss, intervistando circa 10.000 persone appartenenti a 37 culture diverse, ha scoperto come la bellezza sia una delle qualità più importanti nella scelta del partner per gli uomini di qualunque regione del mondo, sia che appartengano a società di cacciatori-raccoglitori sia che appartengano a società rurali, siano esse comuniste o capitalistiche, indipendentemente da religione, istruzione e livello sociale. A ben pensarci, la bellezza non è poi così arbitraria. Chi ammira il busto della regina Nefertiti (circa 1300 a.C.) conservato al Museo egizio di Berlino non ha alcuna difficoltà a riconoscervi i tratti della bellezza anche sotto decorazioni inusuali per il gusto dei nostri giorni.

    Studi di psicologia sperimentale degli ultimi 15 anni suggeriscono che, così come lo stesso manichino può fare da supporto a una moltitudine di vestiti diversi, sotto i nostri giudizi estetici si cela un principio invariante attorno al quale si avvolgono le fogge della moda e i modelli culturali. E' ormai abbastanza chiaro che esiste una componente biologica e innata che influenza la percezione della bellezza, espressione di una natura umana universale; in modo particolare quando si giudica la bellezza di un viso sconosciuto.
    Quando alcuni psicologi hanno mostrato a un certo numero di persone immagini di donne chiedendo loro di assegnare un voto a ogni volto, si è osservata una sostanziale correlazione tra i giudizi espressi da soggetti diversi. La rapidità con cui si analizza un viso è stupefacente: basta guardarlo per 15 centesimi di secondo - poco più del tempo che impiega un centometrista a scattare dai blocchi di partenza - per poter esprimere un giudizio, mentre un'onda caratteristica compare nell'elettroencefalogramma 30 centesimi di secondo dopo l'apparizione di un viso ritenuto bello.
    Questi dati suggeriscono l'esistenza di un meccanismo neuronale devoluto specificamente all'analisi della bellezza di un viso, ed esperimenti effettuati da un gruppo di ricercatori giapponesi hanno localizzato la sede di questo meccanismo nella corteccia frontale: la parte del cervello umano più recente dal punto di vista evolutivo.
    Ma perché il viso è così importante per giudicare la bellezza? Forse la ragione è da cercare nell'organizzazione funzionale del cervello umano. Alcune regioni del nostro cervello sono deputate specificamente al riconoscimento di volti, o all'analisi delle loro espressioni. Ne consegue che la nostra capacità di riconoscere le facce, e le loro espressioni, è particolarmente sviluppata. Per questo tendiamo ad associare l'identità delle persone al loro viso anche se altre regioni del corpo - le orecchie per esempio - potrebbero fornire un criterio di identificazione altrettanto valido. Per la stessa ragione, probabilmente, la percezione della bellezza di un individuo è influenzata così pesantemente dal suo viso. La capacità di classificare le persone secondo una scala di bellezza, di selezionare cioè un certo tipo di caratteri somatici rispetto ad altri, implica l'esistenza, nel nostro cervello, di modelli ideali o - per usare le parole di Konrad Lorenz - di template, stampi, con i quali di volta in volta vengono confrontate le persone in carne e ossa che abbiamo di fronte. Questo modello ideale, al quale viene fatto inconsciamente riferimento, è innato o appreso e soggetto a condizionamento culturale?
    Il giudizio estetico è parzialmente condizionato da criteri di imitazione, e ciò è evidente nel caso di personaggi pubblici, non di rado giudicati bellissimi solo perché insistentemente presentati come tali dai mezzi di comunicazione. Tuttavia vi sono buone ragioni per supporre che i criteri in base ai quali si giudica un viso, soprattutto un viso sconosciuto, siano almeno parzialmente innati e universali.
    Parte degli studi che hanno manipolato immagini di visi umani allo scopo di identificare le caratteristiche che li rendono attraenti ha dimostrato come criteri identici vengano applicati in culture tanto diverse quanto quella europea e giapponese. Ancora più convincente è l'osservazione che le stesse preferenze estetiche tipiche degli adulti sono presenti già in bimbi di pochi mesi. Un bambino di nove mesi, messo di fronte a un viso brutto e a un viso bello, guarderà più a lungo il viso che anche gli adulti giudicano più gradevole. Questa preferenza compare prima che ogni tipo di condizionamento culturale sia possibile, ed è difficile rifiutare l'idea che sia l'espressione di un meccanismo innato e frutto dell'evoluzione biologica.


    E' possibile individuare in maniera univoca le caratteristiche geometriche e le proporzioni che rendono un viso attraente? Lo studio scientifico della bellezza ebbe inizio circa un secolo fa, quando Sir Francis Galton mise a punto un sistema fotografico per creare volti grazie alla fusione di più facce reali. In linea di principio, il procedimento è simile al fotografare in successione visi diversi senza far scorrere la pellicola, ottenendo in tal modo una loro sovrapposizione. Quando Galton produsse i primi visi ibridi fu sorpreso da due circostanze. Primo, questi visi artificiali, nei quali teoricamente tutte le caratteristiche personali avrebbero dovuto perdersi, apparivano stranamente reali. Chiunque fosse all'oscuro del modo con il quale questi ritratti erano stati ottenuti avrebbe pensato che si trattasse di persone in carne e ossa.
    Secondo, la "fusione" appariva invariabilmente più bella dei singoli visi dai quali era composta. Ciò irritò Galton, il quale, fondendo i visi di più criminali, sperava di produrre il viso del criminale tipo.
    Questa osservazione è stata ripetuta e perfezionata utilizzando le moderne tecniche di computer grafica.
    A un certo numero di soggetti sono stati mostrati visi ottenuti dalla fusione di 2, 4, 8, 16, 32 visi reali.
    Quanto maggiore era il numero dei visi utilizzati per costruire il viso composito, tanto più questo veniva percepito come attraente e nessuno dei visi reali utilizzati per creare il composito veniva giudicato più attraente del viso composito. Sulla base di questi dati è stato proposto che ciò che percepiamo come attraente altro non sia che l'insieme delle caratteristiche medie della popolazione. Il modello ideale sarebbe cioè una media: se si potessero considerare tutti i volti esistenti si otterrebbe "il più bello dei volti possibili".
    Questa ipotesi forza però i dati sperimentali, i quali indicano semplicemente che effettuando la media di un certo numero di visi si ottiene generalmente un viso più bello dei visi singoli. La possibilità che anche particolari caratteristiche geometriche del viso vengano percepite come attraenti non è in contraddizione con le osservazioni appena descritte. D'altronde, non tutte le caratteristiche "medie" sono necessariamente considerate attraenti: la statura è l'esempio più ovvio. L'esistenza di caratteristiche geometriche che influenzano la bellezza di un viso è stata dimostrata successivamente in maniera diretta: se da una serie di molti visi si selezionano solo quelli giudicati più belli, e si fondono, si ottiene un viso che viene preferito alla fusione di tutti i visi del campione. Se la differenza tra questi due visi viene esaltata tramite computer grafica, si ottiene un risultato ancora più attraente.

    Quali sono queste caratteristiche geometriche associate alla bellezza? La simmetria ha ricevuto particolare attenzione. Ogni persona presenta nel volto e nel corpo asimmetrie più o meno accentuate, e volti simmetrici generalmente vengono preferiti a quelli chiaramente asimmetrici. Questa predilezione non è esclusiva della nostra specie ed è stato dimostrato, per esempio, che uccelli il cui piumaggio presenta una macchia sul petto resa artificialmente simmetrica con un pennarello riescono ad accoppiarsi con più femmine e godono di maggiore successo riproduttivo. Ma se si prende il viso di una persona poco attraente, lo si taglia a metà e si replica specularmente una metà sull'altro lato in modo da creare un viso perfettamente simmetrico si migliorerà anche la situazione, ma non di molto.
    La simmetria non può essere l'unico criterio e probabilmente neanche il più importante.
    Per identificare le caratteristiche intrinseche che rendono il viso femminile attraente è stato utilizzato un algoritmo genetico. Sono stati creati al computer visi in cui le singole caratteristiche somatiche (distanza tra gli occhi, grandezza del mento e così via) erano generate in maniera casuale e indipendente.
    E' stato quindi chiesto ad alcuni soggetti di indicare quali tra questi visi sembrassero loro più attraenti. Questi sono stati combinati tra loro in una seconda generazione e sottoposti nuovamente al giudizio dei soggetti, sino a quando non è stato selezionato il viso ideale. Se confrontato con un viso che rispecchia le proporzioni medie osservate nella popolazione, il viso ideale si distingue per un mento piccolo e più vicino alla bocca, una minore distanza tra occhi e bocca, una fronte più alta e labbra più pronunciate. Poiché queste sono tipiche caratteristiche infantili, lo studio fornisce solide basi sperimentali all'osservazione comune che esse vengono percepite come particolarmente attraenti dagli esseri umani, come già indicato a suo tempo da Konrad Lorenz. Inoltre, in questi visi selezionati al calcolatore risultano privilegiate le caratteristiche femminili, che se ulteriormente accentuate rendono il viso di una donna più attraente.


    Perché dovrebbe esistere una preferenza estetica innata per questo tipo di tratti somatici e non per altri?
    Per cercare una risposta a questa domanda bisogna inquadrare le preferenze espresse da osservatori umani nell'ambito più generale dei criteri di selezione osservati nel mondo animale.
    Spesso gli animali non si accoppiano indiscriminatamente tra loro, ma scelgono il partner.
    Questo processo prende il nome di selezione sessuale e ha portato alla nascita di ornamenti bizzarri come la coda del pavone o le corna del cervo. Una teoria nota come teoria dell'handicap vede questi come indicatori di "alta qualità". Per esempio, un pavone dalla coda molto ampia deve avere una costituzione particolarmente robusta per poter sopravvivere nonostante l'impaccio. Accoppiandosi con quel maschio le femmine aumentano le possibilità di generare figli in grado di sopravvivere. Questa ipotesi potrebbe spiegare perché, sia negli animali sia negli uomini, la simmetria è vista come una caratteristica positiva: costruire un organismo con due metà assolutamente identiche rappresenta certamente un notevole problema biologico; inoltre, qualunque traccia lasciata da parassiti (piccole cicatrici, irregolarità, macchie della pelle) è estremamente improbabile sia presente in due punti simmetrici nelle due metà del viso.
    La simmetria potrebbe quindi essere indice di una maggiore resistenza ai parassiti e rappresentare per questo una misura indiretta della "qualità genetica" di un individuo, a cui il nostro cervello sarebbe stato reso particolarmente sensibile dall'evoluzione. Seguendo la stessa linea di pensiero, labbra pronunciate e mento piccolo, correlate alla concentrazione di ormoni femminili, servono a riconoscere donne fertili.
    In pratica, il sistema percettivo che analizza la bellezza risponderebbe positivamente a indizi di fertilità.
    Questa ipotesi è sostenuta dall'osservazione che in tutte le culture esaminate gli uomini preferiscono donne di età compresa tra i 20 e i 24 anni: questa fascia d'età si sovrappone precisamente al picco della fertilità femminile.

    Esiste però almeno un'ipotesi alternativa. Sia studi effettuati in natura sia i modelli di biologia teorica suggeriscono che la selezione sessuale può essere un meccanismo che porta alla nascita di nuove specie. Anzi, è l'unico meccanismo in grado di spiegare la speciazione simpatrica, cioè la nascita di due specie che convivono nella stessa regione in assenza di un isolamento fisico. Le due specie rimarrebbero separate in base a criteri di selezione sessuale diversi a causa dei quali i membri delle due specie vengono a evitarsi perché - detto in termini umani - non si trovano attraenti.
    E' ormai chiaro che nel momento in cui la nostra specie stava nascendo erano presenti anche altre specie di ominidi. In modo particolare, Homo sapiens ha convissuto con l'uomo di Neandertal fino ad almeno 30.000 anni fa. Come si potrebbero definire, in una parola, questi ominidi, guardando le ricostruzioni che ne sono state fatte dai paleontologi e che si possono ammirare in musei, libri o riviste?
    Non credo che ci siano dubbi: brutti! Chi, vedendo la ricostruzione di un uomo di Neandertal, potrebbe desiderare di accoppiarsi con un membro di questa specie?
    L'analisi del DNA dell'uomo di Neandertal, resa possibile dalle più recenti tecniche di biologia molecolare, ha dimostrato che lo scambio di geni, cioè gli accoppiamenti misti tra le linee che hanno portato all'uomo moderno e all'uomo di Neandertal, si è interrotto almeno 300.000 anni fa, molto prima della nascita dell'uomo moderno, che risale solo a circa 50.000 anni fa. E' possibile che le differenze genetiche tra l'Homo sapiens primitivo e gli altri ominidi a lui contemporanei fossero tali da impedire incroci fertili, ma si può anche immaginare che la separazione di Homo sapiens sia avvenuta in base a scelte sessuali. Uomini e donne moderni sarebbero allora nati perché un gruppo di ominidi mostrava caratteristiche del viso leggermente diverse da quelle di altri che venivano percepite come meno attraenti. Una volta avviato, il processo avrebbe aumentato sempre di più questa separazione. La repulsione che proviamo ancora oggi per fronte bassa, arcate sopraccigliari sporgenti e mascella prognata - in breve, per ciò che è "scimmiesco" - forse non è una coincidenza, ma potrebbe rappresentare la chiave stessa della nascita della nostra specie.

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    Alessandro Cellerino, laureato in biologia presso la Scuola Normale Superiore di Pisa, è attualmente ricercatore di neurobiologia della stessa università. Si occupa di meccanismi dello sviluppo e plasticità del cervello ed è autore di numerosi articoli su riviste internazionali.
    Nel 1998 ha vinto il premio "Bruno Ceccarelli" per giovani neuroscienziati.

    BIBLIOGRAFIA:
    BUSS DAVID, L'evoluzione del desiderio, Laterza, 1995.
    GRAMMER KARL, Signale der Liebe, Taschenbuch Verlag, Munchen, 1995.
    ETCOFF NANCY, Survival of the Prettiest, Doubleday, New York, 1999.
    JOHNSTON VICTOR, Why We Feel, Perseus Book Group, New York, 2000.
    CELLERINO ALESSANDRO, Eros e cervello, TraccEdizioni, 2001.
     
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