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  1. TullioConforti
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    Tratto da:

    http://www.bol.it/libri/scheda/ea978880445824.html


    Riccetto e i bisonti:

    Riccetto fu chiamato al suo primo confronto con il bisonte per caso - lui avrebbe detto per volonta' del Grande Spirito - un pomeriggio di autunno, mentre era lontano dal suo villaggio, in cerca di cerbiatti ed alci.
    L'autunno era la stagione cruciale per la caccia, il momento dell'anno nel quale scovare una mandria di bisonti o non scovarla significava la differenza tra la vita e la morte, nell'inverno imminente, per la tribu'. E nonostante i "bufali" come venivano chiamati nel West, anche in questo caso storpiando una parola francese, "boef", fossero ancora numerosissimi, forse 50 milioni di capi, il territorio entro il quale essi galoppavano era immenso.
    Le grandi mandrie selvagge di questo mostruoso bovino, capace di raggiungere i 1000 chili di peso per i tori piu' grossi e di correre fino a 50 chilometri all'ora quando era spaventato, battevano un'area che si estendeva dal moderno Texas all'attuale Canada, dunque 3000 chilometri, circa la distanza in linea d'aria tra Mosca e l'Atlantico.
    Naturalmente, i Sioux conoscevano da generazioni le loro abitudini, sapevano quali rotte nella prateria i capi mandria, i tori guida, prediligessero, attraverso quali passi transitassero. Ma l'avere intercettato una mandria lo scorso autunno non era una garanzia certa che la si sarebbe ritrovata anche quest'anno. Il compito dell'esploratore era dunque tanto cruciale, se non piu', di quello del cacciatore che sarebbe poi stato chiamato alla mattanza degli animali.
    Al suo amico e tutore, al suo "kola", come si dice in lingua lakota, Schiena Alta, il ragazzo racconto' piu' tardi di non avere ne' scoperto, ne' visto la mandria dei bisonti, ma di averla sognata.
    Era solo, sulla cresta di una collina. La sera stava calando in fretta. Il cielo era gia' percorso dai grandi stormi a V degli aironi, delle cicogne, delle anatre in migrazione e dalle alture si poteva udire distintamente il malinconico muggito delle alci agitati dagli amori autunnali. E Riccetto, che si era addormentato, si sveglio' di soprassalto sentendo il bisogno improvviso di gettarsi a terra e di posare l'orecchio al suolo. Il rombo degli zoccoli dei bisonti era inconfondibile e l'eco del loro galoppo disse al ragazzo, che aveva l'orecchio fino, che quella mandria doveva essere vicina.
    Salto' sopra il suo puledro, si precipito' al villaggio e grido' la buona notizia, ho trovato la mandria, ho trovato la mandria. Fatto un po' sorprendente per noi uomini "moderni" che teniamo bambini e ragazzi in cosi' scarsa stima, i capi, gli anziani, gli akicita, le donne, l'accampamento intero non misero in dubbio la parola di quel ragazzino, e cominciarono subito i preparativi per la partenza e per la caccia.
    Si mossero tutti. Gli indiani non avevano scelta, dovevano trasferirsi in massa, ed il piu' vicino possibile al luogo della caccia, pr macellare, scuoiare, cucinare e seccare il piu' presto possibile i capi abbattuti. Non c'erano ne' camion per trasportare le carcasse, ne' frigoriferi per conservarle.
    Chissa' come si sentiva Riccetto alla vista dell'intero villaggio, della sua gente, probabilmente duemila persone in quel momento, che levava le tende, spegneva i fuochi, caricava di masserizie le tregge, intonava i canti propiziatori e rendeva grazie al Signore, tutto sulla base di quel che lui, un bambino, aveva sentito poggiando l'orecchio sul terreno. Era una responsabilita' immensa, e sarebbe stata una catastrofe se il villaggio si fosse levato, consumando cibo prezioso, sfiancando i cavalli, affaticando vecchi e malati, per una spedizione a vuoto.
    Ma il futuro "Cavallo Pazzo" era un sognatore, un uomo che faceva la spola tra il mondo della realta' ed il mondo dei sogni, che per un Sioux era il mondo di Dio. Aver prima sognato e poi sentito i bisonti era per lui certezza sufficente.
    Quella notte, mentre le donne finivano di assicurare le slitte ai cavalli, i guerrieri affilavano frecce e lance, gli sciamani - i sacerdoti - completavano le cerimonie propiziatorie per una caccia abbondante, il padre di Riccetto, solo nel suo tipi', innalzo' una preghiera speciale a Uakan Tanka, al Grande Mistero.
    Accese la pipa sacra, la piu' lunga, con il fornello di pietra, offri' il fumo del tabacco come incenso, prima al Padre Cielo, poi alla Madre Terra, infine ai quattro punti cardinali e rese grazie allo Spirito per aver regalato a quel suo strano ragazzo, cosi' magro, cosi' piccolo, il potere di sentire il passo del bufalo e di aiutare quindi la sua gente. Doveva essere orgoglioso e commosso quell'uomo, ma anche un poco inquieto. Come diceva Alce Nero, il piu' santo dei sognatori d'Alci e di Bisonti, "Il Grande Mistero chiede molto a coloro ai quali da' molto".
    Il mattino dopo il ritorno di Riccetto con la notizia dei bisonti, il villaggio era in marcia, preceduto come sempre dagli esploratori, partiti ancora con il buoi nella direzione indicata dal ragazzo.
    Era una processione fantastica.
    In testa avanzavano come sempre i capi del villaggio, la "pance grosse", come erano chiamati i capi dagli indiani che vedevano l'adiposita' con il rispetto di chi ha sempre fame. Il piu' anziano reggeva in mano l'urna di pietra che conteneva il fuoco del villaggio, la fiammella alla quale tutti avrebbero poi attinto per accendere i loro fuochi privati sotto le tende.
    Dietro di loro i migliori uomini dell'akicita, la polizia, trottavano fianco a fianco formando una barriera impenetrabile e minacciosa di piumaggi di guerra, di corpi dipinti con i colori sacri, lance piumate, faretre gonfie di frecce, anche per tenere calmi i bollenti spiriti dei piu' giovani, ansiosi di galoppare subito verso l'appuntamento con il bisonte, a rischio di sfinire i cavalli e di spaventare la mandria, sparpagliandola e dunque rendendo piu' arduo il lavoro dei cacciatori.
    Alle spalle dei cacciatori, che marciavano per file di cinque, venivano le donne agghindate con gli abiti migliori, con le fasce gambiere fatte di aculei di porcospino intrecciati, i bambini piu' piccoli sulle spalle, i piu' grandicelli ed i vecchi sdraiati sulle slitte, le code dei loro cavalli guarnite con fili e piume colorate. Attorno a loro, che erano il cuore ed il futuro del popolo, cavalcavano i guerrieri, facendo quadrato.
    E dappertutto ronzavano i ragazzi eccitati sui loro cavallini, impegnati a correre avanti ed indietro, a mimare assalti, a rompere l'anima ai guerrieri ed ai cacciatori con freccette e piccole lance, ma stando bene attenti a non infastidire gli akicita e le pance grosse, perche' c'era un limite alla pur grande indulgenza dei Sioux verso i loro piccoli.

    -continua-

    Edited by TullioConforti - 12/6/2008, 21:12
     
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