Il pianeta "gemello" della Terra

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  1. silverback
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    http://www.corriere.it/scienze_e_tecnologi...44f02aabc.shtml
    È a una distanza equivalente a quella di Venere rispetto al Sole
    Scoperto il pianeta 'gemello' della Terra
    Si chiama MOA-2007-BGL-192Lb e orbita attorno a una stella che è forse un milione di volte più debole del Sole

    MILANO - C'è eccitazione fra gli astronomi per la scoperta del più piccolo pianeta individuato finora attorno a una stella normale. Un altro lievemente minore venne rilevato nel circondario di una stella a neutroni, una pulsar, la quale lanciando poderosi fasci di radiazioni ucciderebbe qualsiasi eventuale forma di vita esistente sul vicino corpo celeste. Quindi, la ricerca di un pianeta gemello della Terra, gemello in ogni senso come dimensioni e natura, diventa interessante se è attorno a una stella normale. Per la verità anche quello rilevato ora da Nicholas Rattenbury dell’Università di Manchester e David Bennett dell’University of Notre Dame utilizzando il nuovo telescopio MOA-II sul Mount John Observatory in Nuova Zelanda, si trova nelle vicinanze di un astro un po' diverso dal nostro Sole che brucia e brilla. Il MOA-2007-BGL-192Lb, come è stato chiamato, si trova nelle vicinanze di una stella di contenute dimensioni che potrebbe essere una nana rossa o una nana bruna in grado di diffondere ben poca luce e riscaldando perciò ben poco il pianeta: è infatti circa tremila volte o forse anche un milione di volte più debole del Sole.

    OCEANI D'ACQUA - Comunque il pianeta si trova nella ipotetica zona abitabile a una distanza equivalente a quella del nostro Venere rispetto al Sole. E se l'astro garantisce poco calore, il resto, ipotizzano gli scopritori, potrebbe arrivare dal nucleo interno caldo dello stesso pianeta che ha una dimensione circa tre volte la Terra. Con questo ragionamento gli astronomi azzardano la possibilità che vi siano anche degli oceani d’acqua, mantenuti liquidi appunto dal calore interno, mentre potrebbe essere pure avvolto, aggiungono, da una sottile atmosfera. L’ambiente apparirebbe insomma forse simile al nostro freddo pianeta nano Plutone. La scoperta del gelido corpo è frutto della tecnica di osservazione detta «lente gravitazionale» per cui la stella madre col nuovo pianeta (che però non si vede ma se ne avverte la presenza) viene amplificata nell’immagine quando la sua luce sfiora un astro molto massiccio posto tra noi e la stella in oggetto. A fare questo effetto è proprio la forza di gravità del corpo massiccio che funziona proprio come una lente ingigantendo l’oggetto che gli sta dietro.

    PIANETA GEMELLO - «Abbiamo compiuto un altro passo significativo verso la scoperta di un pianeta gemello alla Terra - dice David Bennett - perché abbiamo affinato i modi per arrivare ad individuarlo». Finora gli strumenti disponibili non sono così potenti per avvistare direttamente un corpo del genere e così la loro esistenza è avvertita studiando per esempio le anomalie del comportamento della stella madre o misurando la sua variazione di luminosità. Proprio la settimana scorsa un convegno di astronomi americani tenuto a Pasadena, in California, ha discusso la costruzione di un osservatorio spaziale capace di fotografare i pianeti extrasolari. Un aiuto intanto arriverà dal successore dello space telescope Hubble, il James Web Telescope, che la Nasa manderà in orbita nel 2013 scandagliando il cielo nell’infrarosso. Ma proprio a Pasadena gli astronomi erano convinti nel dire che potremmo trovare anche un pianeta più grande del nostro in grado di ospitare la vita: la taglia non è un ostacolo. Altre sono le condizioni più importanti e ovviamente tra queste l’acqua e una giusta temperatura.

    Giovanni Caprara
    03 giugno 2008
     
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  2. Wishotel
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    Il fatto che la stella sia milioni di volte meno luminosa e dunque calda può incidere sulla presenza o mena i vita su quel pianeta?
     
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  3. silverback
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    Wish, lo studio dei pianeti del Sistema solare ha fatto capire agli esperti in materia che occorre una particolare combinazione di vari fattori, perché si possano creare le condizioni giuste per la nascita della vita. Il successo della vita sulla Terra non è casuale: è dovuto proprio a una combinazione vincente, al fatto di possedere certi requisiti.
    Quali?
    Ebbene, per poter disporre di acqua allo stato liquido, di una temperatura giusta, di un'atmosfera adatta, un pianeta deve:
    1- Non essere troppo vicino al suo sole, ma neppure troppo distante (per non finire arrostito o gelato).
    2- Avere un'orbita quasi circolare, in modo che non ci siano sbalzi troppo grandi di temperatura tra una stagione e l'altra.
    3- Avere un periodo di rotazione non troppo lento.
    4- Essere di una dimensione ottimale: né troppo piccolo (altrimenti non trattiene l'atmosfera necessaria), né troppo grande (altrimenti l'atmosfera diventa eccessivamente spessa).
    5- Ruotare intorno a una stella di massa simile a quella del Sole.
    Infatti solo stelle di questo tipo vivono abbastanza a lungo (miliardi di anni) per dare il tempo alla vita non solo di nascere, ma anche di evolversi.
    Sono queste alcune delle condizioni necessarie perché un pianeta sia dotato delle caratteristiche (atmosfera, temperatura, acqua) adatte al "montaggio" della chimica organica.
    E qui si arriva a un punto molto interessante.
    Se si guardano i vari requisiti sopra elencati, ci si accorge che il "modello vincente", in definitiva, è proprio quello terrestre.
    Più ci si allontana dal modello terrestre, meno è probabile che concorrano le condizioni necessarie alla nascita e allo sviluppo della vita.
    In altre parole, i pianeti che hanno più probabilità di ospitare la vita sono quelli che assomigliano di più alla Terra.
    Questo non significa ovviamente che la vita non possa nascere o prosperare anche in situazioni diverse, magari molto diverse. Ma tra le tante "combinazioni" di fattori che si possono avere nei vari pianeti quelle simili alla "combinazione terrestre" hanno maggiori probabilità di successo.
    Le eventuali forme viventi di questi ipotetici pianeti potrebbero presentare una qualche somiglianza con quelle della Terra? Non è da escludere.
    Per l'uomo, come per gli animali, l'aspetto fisico non è casuale.
    Lo sviluppo tecnologico per esempio, presuppone la capacità di manipolare oggetti e quindi sia la stazione eretta che i pollici delle mani.
    L'intelligenza, per quanto se ne sa, ha bisogno di una centralina (cioè di un cervello) di certe dimensioni.
    Quindi la testa non può essere troppo piccola.
    Nella testa infatti si trovano concentrati tutti i sistemi di informazione: vista, udito, olfatto, gusto.
    Ciò non vuol dire, naturalmente, che in un pianeta simile alla Terra ci siano necessariamente uomini e donne simili a noi, ma semplicemente che è molto improbabile che esseri intelligenti siano simili a vermi o a ostriche.

    CITAZIONE (Wishotel @ 4/6/2008, 21:11)
    Il fatto che la stella sia milioni di volte meno luminosa e dunque calda può incidere sulla presenza o mena i vita su quel pianeta?

    CITAZIONE
    E se l'astro garantisce poco calore, il resto, ipotizzano gli scopritori, potrebbe arrivare dal nucleo interno caldo dello stesso pianeta che ha una dimensione circa tre volte la Terra.

     
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  4. Wishotel
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    Ah ecco si ipotizza una compensazione . . .
     
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  5. silverback
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    CITAZIONE (Wishotel @ 5/6/2008, 00:05)
    Ah ecco si ipotizza una compensazione . . .

    Esatto.
    In proposito c'è stato qualche esperto che ha provato a calcolare quante probabilità ci sono che esistano delle civiltà extraterrestri, anche se, ovviamente, tali calcoli non possono avere alcun valore scientifico: si tratta solo di un gioco intellettuale.

    Numero di stelle nella nostra Galassia.
    Ottimista 300 miliardi; pessimista 100 miliardi.

    Numero di sistemi solari simili al nostro.
    Ottimista 1,7% di 300 miliardi = 5 miliardi circa; pessimista 0,1% di 100 miliardi = 100 milioni.

    Numero di sistemi solari simili al nostro con un pianeta in posizione giusta.
    Ottimista 20% di 5 miliardi = 1 miliardo; pessimista 10% di 100 milioni = 10 milioni.

    Numero di pianeti adatti alla vita su cui può essersi sviluppata una forma di tipo batterico.
    Ottimista 100% di 1 miliardo = 1 miliardo; moderato 50% di 10 milioni = 5 milioni; pessimista 0,01% di 10 milioni = 1000.

    Numero di pianeti sui quali da forme di vita di tipo batterico avrebbero potuto svilupparsi forme di vita di tipo pluricellulare.
    Ottimista 70% di 1 miliardo = 700 milioni; moderato 20% di 5 milioni = 1 milione; pessimista 5% di 1000 = 50.

    Numero di pianeti sui quali, partendo da forme intelligenti, avrebbe potuto svilupparsi una civiltà tecnologica.
    Ottimista 100% di 600 milioni = 600 milioni; moderato 100% di 250.000 = 250.000; pessimista 5% di 1 = 0,05.

    Numero di pianeti della Galassia sui quali potrebbe esistere oggi una civiltà tecnologica.
    Ottimista 0,1% di 600 milioni = 600.000; moderato 0,02% di 250.000 = 50; pessimista 0,0002% di 0,05 = 0,0000001.

    Fin qui il calcolo riferito alla nostra sola Galassia. Ma si calcola che nell'Universo le galassie siano circa 100 miliardi. Moltiplicando quindi per 100 miliardi i dati precedenti si ottiene:

    Numero di civiltà tecnologiche oggi nell'Universo.
    Ottimista 60 milioni di miliardi; moderato 5000 miliardi; pessimista 10.000.


    Naturalmente, ripeto, si tratta di un semplice gioco intellettuale, che non vuole dimostrare niente.
    Anche perché ci sono da considerare molti altri fattori che possono rendere il calcolo molto più pessimistico.
    Bisognerebbe tenere conto infatti anche di elementi apparentemente marginali, ma che molto probabilmente sono stati determinanti per l'evoluzione della vita sulla Terra.
    Come il ruolo della Luna, che influisce sull'inclinazione dell'asse terrestre e sulla durata delle giornate.
     
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  6. silverback
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    Su Le Scienze di questo mese, alle pagine 42-49 è stato pubblicato un articolo di Nancy Y. Kiang, biometeorologa al NASA Goddard Institute for Space Studies della Columbia University, intitolato:
    "Il colore delle piante su altri mondi".
    Ne riporto una breve sintesi.
    ---------------------------------------------------
    Scordatevi gli alieni verdi.
    Su altri mondi le piante potrebbero essere rosse, blu o addirittura nere.

    La prospettiva di trovare forme di vita extraterrestri non è più un'esclusiva della fantascienza. Invece di aspettare che gli alieni vengano da noi, abbiamo iniziato a cercarli. Potremmo non trovare civiltà tecnologiche avanzate, ma possiamo cercare le "firme biologiche", i segni fisici e chimici caratteristici dei processi fondamentali della vita. Al di là del sistema solare, gli astronomi hanno scoperto oltre 200 pianeti in orbita attorno ad altre stelle. Non sappiamo ancora se ospitino o meno la vita, ma è questione di tempo. Nel luglio 2007 è stata confermata la presenza di vapore acqueo in un pianeta extrasolare studiando il passaggio della luce di una stella nell'atmosfera del pianeta stesso. E le agenzie spaziali stanno sviluppando telescopi che cercheranno segni di vita in pianeti simili alla Terra osservandone lo spettro luminoso.
    La fotosintesi, in particolare, potrebbe produrre "firme" evidenti. Ma è plausibile che avvenga su altri pianeti? La risposta è sì. Sulla Terra la fotosintesi ha tanto successo da costituire la base di quasi tutte le forme di vita. Anche se alcuni organismi vivono grazie al calore e al metano delle bocche idrotermali oceaniche, i ricchi ecosistemi sulla superficie del nostro pianeta dipendono dalla luce del Sole. Le firme biologiche della fotosintesi potrebbero essere di due tipi: gas atmosferici prodotti per via biologica, come ossigeno e ozono; una colorazione della superficie che indichi la presenza di pigmenti specializzati, come la clorofilla. L'idea di cercare questi pigmenti non è nuova. Un secolo fa gli astronomi hanno cercato di attribuire il cambiamento stagionale del colore di Marte verso tonalità più scure alla crescita della vegetazione e hanno studiato lo spettro della luce riflessa dalla superficie alla ricerca di tracce di piante verdi. Un problema di questa strategia fu scoperto da H.G. Wells, che in La guerra dei mondi ha immaginato uno scenario diverso:"Su Marte, il regno vegetale, invece di avere come colore dominante il verde, è di una vivida tonalità rosso sangue". Anche se oggi sappiamo che su Marte non c'è vegetazione, Wells aveva previsto che le piante di altri pianeti potrebbero non essere verdi.
    La Terra ha una grande diversità di organismi fotosintetici oltre alle piante verdi. Alcune piante hanno foglie rosse, mentre alghe e batteri fotosintetici mostrano un arcobaleno di colori. I batteri purpurei, per esempio, assorbono la radiazione infrarossa, invece della luce visibile. Quali saranno le forme dominanti su altri pianeti? E come le riconosceremo? La risposta dipende da come la fotosintesi si adatta alla luce di una stella diversa dal Sole, filtrata da un'atmosfera diversa da quella terrestre.


    ----------------------------------------------------

    TERRA ROSSA, TERRA VERDE, TERRA BLU.
    Il tipo di stella determina il tipo di vita che prospera sul pianeta. Le stelle di tipo M (nane rosse) sono deboli, perciò le piante potrebbero essere nere per assorbire tutta la luce disponibile. Le stelle di tipo M giovani "cuociono" periodicamente la superficie dei pianeti con i loro brillamenti ultravioletti, quindi ogni eventuale organismo dovrebbe essere acquatico. Il nostro Sole è di tipo G. Intorno alle stelle di tipo F, le piante potrebbero ricevere troppa luce, e avere bisogno di rifletterne la maggior parte.


    www.arxiv.org/abs/0707.3064
    www.astrobio.net
     
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  7. Wishotel
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    Grazie Silver . . . :o:
     
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  8. TullioConforti
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    Si silver, ma questo se vogliamo cercare una civilta' esattamente identica alla nostra.

    Le probabilita' aumentano vertiginosamente se si considera anche tutte le infinite possibili varianti, che non abbiamo nenache la capacita' di immaginare.

     
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  9. juliya
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    il fatto che ci possano essere altri pianeti nell'universo simili alla terra non è da escludere...ma poco importa...nel senso che tra noi e gli exstraterresti è impossibili o molto improbabile che ci possa essere un incontro.
     
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  10. TullioConforti
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    Eheh..e se fossero molto piu' vicini di quanto pensi?

    per esempio qualche migliaio di chilometri sotto i nostri piedi..
     
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  11. juliya
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    CITAZIONE (TullioConforti @ 5/6/2008, 11:44)
    Eheh..e se fossero molto piu' vicini di quanto pensi?

    per esempio qualche migliaio di chilometri sotto i nostri piedi..

    ah quelli dentro la terra? :lol:
    suppongo che li avrei visti carbonizzati alle Canarie. fuorte è praticamente fatta di rocce vulcaniche...
     
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  12. TullioConforti
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    No i fenomeni vulcanici sono di tipo crostaceo, ossia riguardano la crosta terrestre, fino ad alcune migliaia di metri di profondita'.

    Io sto parlando di un mondo che si troverebbe ad alcune migliaia di kilometri di profondita'.

     
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  13. juliya
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    CITAZIONE (TullioConforti @ 5/6/2008, 12:01)
    No i fenomeni vulcanici sono di tipo crostaceo, ossia riguardano la crosta terrestre, fino ad alcune migliaia di metri di profondita'.

    Io sto parlando di un mondo che si troverebbe ad alcune migliaia di kilometri di profondita'.

    si lo so tu parli di questo: http://images.google.it/imgres?imgurl=http...7IT277%26sa%3DN
    resta una teoria finché non si hanno le prove ...proprio come gli alieni sulla terra.
     
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  14. TullioConforti
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    Esatto.

    Bell'articolo, finalmente uno scritto obbiettivo e possibilista, che non trae sciocche ed opinabili conclusioni, ma lascia uno spiraglio all'indimostrato.

    Ed elenca le clamorose prove a favore della teoria, come le foto prese dal satellite ESSA7, e soprattutto l'incredibile testimonianza dell'ammiraglio Byrd.

    Nonche' le conclusioni scientifiche a cui e' giunto il noto astronomo Edmund Halley. Con le quali i negazionisti difficilmente possono competere.

    Esistono poi alcuni racconti di pescatori scandinavi che si sarebbero trovati in un mondo tropicale improvvisamente apparso loro a partire da quello artico di ghiacci ed iceberg dal quale erano partiti.

    Ed inoltre la leggenda dei macuxies, una tribu' indigena dell'amazzonia che si tramanda un racconto secondo il quale i loro antenati sarebbero entrati in contatto con una civilta' superiore che vive nelle viscere della terra, attraverso una galleria che e' stata chiusa nel 1910.
    La galleria sarebbe ancora la' nel mezzo della jungla amazzonica, anche se ostruita.



    Edited by TullioConforti - 5/6/2008, 12:37
     
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  15. silverback
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    CITAZIONE (TullioConforti @ 5/6/2008, 11:20)
    Si silver, ma questo se vogliamo cercare una civilta' esattamente identica alla nostra.

    Le probabilita' aumentano vertiginosamente se si considera anche tutte le infinite possibili varianti, che non abbiamo nenache la capacita' di immaginare.

    Sì, Tullio, lo so che in merito ne esistono parecchie di teorie.
    Per esempio, in un libro uscito nei primi anni Ottanta, orientato verso le speculazioni più audaci, ma comunque stimolante ("Life Beyond Earth", di Gerald Feinberg, fisico, e Robert Shapiro, biochimico) si valuta la possibilità che esista vita extraterrestre.
    I due studiosi propongono modelli possibili di vita fondata non sulla chimica del carbonio ma sul plasma stellare, sui campi elettromagnetici, sul magnetismo delle stelle a neutroni e su altri sistemi molto insoliti. Ora, consapevolezza e intelligenza sono concetti a livello di software: conta solo lo schema, l'organizzazione, e non il mezzo materiale attraverso cui essa si manifesta.
    Questo ragionamento, portato alle sue logiche conseguenze, ci permette di immaginare una supermente esistente fin dalla creazione: una supermente aperta su tutti i campi fondamentali della natura che si assume il compito di guidare l'incoerente big bang primigenio fino a formare il cosmo ordinato che oggi osserviamo, e ciò mai violando le leggi della fisica.
    Si tratterebbe dunque non di un Dio che ha creato dal nulla ogni cosa, ma di una mente universale che pervade il cosmo dirigendolo e controllandolo attraverso le leggi di natura per conseguire un suo fine. Potremmo definire in altri termini questa concezione dicendo che la natura è un prodotto della propria tecnologia, e che l'universo è una mente: un sistema, vale a dire, che si osserva e si autorganizza. E le nostre menti sarebbero, in questa oceanica mente universale, distinte isole di consapevolezza.

    Sono possibili congetture ancora più audaci. Alcuni fisici sostengono che la mente goda di uno status particolare relativamente al fattore quantico. Se davvero la mente ha un ruolo attivo nel mondo dei quanti, allora una mente universale potrebbe, in linea teorica, reggere tutto quanto accade controllando il comportamento di ogni elettrone, protone, fotone, ecc.
    Di più, un potere così immenso, ma capillare, sfuggirebbe alla nostra osservazione in quanto il comportamento di ogni singola particella continuerebbe ad apparirci capriccioso e imprevedibile.
    L'esistenza di un disegno potrebbe risultare manifesta solo attraverso il comportamento collettivo di un gran numero di particelle: nel qual caso ci limiteremmo a dichiarare che il sistema è, in qualche modo misterioso, autorganizzato.
    E ancora, nel caso in cui una mente cosiffatta esistesse davvero (e non vi è scenario scientificamente possibile che ne dimostri l'esistenza), saprebbe scongiurare la fine dell'universo?
    Se la capacità d'intervento di questo essere supremo si manifesta nell'ambito delle leggi della fisica (pur con quella flessibilità consentita dalla teoria dei quanti), la risposta è necessariamente negativa. In forza della seconda legge della termodinamica, a nessuno, per quanto dotato di tecnologie inconcepibili e di conoscenze immense, è consentito di invertire l'ineluttabile crescita dell'entropia. Un essere in grado di manipolare la materia a livello atomico potrebbe però "ricaricare" l'universo restaurandone l'organizzazione ormai indebolita. Già Maxwell aveva preso in considerazione questa possibilità: il risultato è il paradosso del cosiddetto diavoletto di Maxwell.
    Purtroppo, a un esame approfondito il diavoletto di Maxwell non regge, come dimostrò negli anni venti Leo Szilard.
    Questo significa che se la nostra concezione della termodinamica è corretta, è impossibile che un ente naturale, intelligente o meno, possa rimandare per sempre la fine dell'universo; perché se l'universo continuerà a espandersi non raggiungerà mai, forse, un esatto equilibrio termodinamico.
    Ciò nondimeno, l'organizzazione del cosmo di cui oggi siamo testimoni è ineluttabilmente destinata a diminuire. Solo un ipotetico Dio sovrannaturale potrebbe restaurarla.

    ------------------------------------------------------

    Aggiungo dell'altro, tratto dal libro:
    DA DOVE VIENE LA VITA - Il mistero dell'origine sulla Terra e in altri mondi, di Paul Davies.


    Quando, nell'aprile 1997, sono giunte le prime sfocate immagini di Europa inviate dall'antenna di riserva della sonda spaziale Galileo in avaria, gli scienziati della NASA erano giubilanti.
    La parola sulle labbra di tutti era "vita"!
    Il motivo dell'eccitazione era la scoperta del primo oceano extraterrestre conosciuto. Europa, gli scienziati lo sapevano, è ricoperta di ghiaccio. Galileo ha rivelato degli iceberg. Gli iceberg significano acqua liquida, o perlomeno fanghiglia nevosa. L'intera crosta ghiacciata di questa gelida luna di Giove sembra scivolare su uno strato di liquido.
    Quasi all'unisono i commentatori hanno dichiarato che "acqua più composti organici è uguale a vita", o perlomeno a ottime probabilità di vita. La base del ragionamento è stata riassunta dallo scienziato della NASA Richard Terrile, uno dei responsabili della missione:
    "Se mettete insieme questi ingredienti sulla Terra, in un miliardo di anni otterrete la vita" ha
    dichiarato alla stampa. Dunque, lo stesso accadrà su Europa.
    Purtroppo l'esile filo logico che lega l'acqua alla vita è poco più che l'osservazione che la vita senza l'acqua sembra impossibile. Equiparare le due cose presuppone uno straordinario atto di fede.
    Secondo la scuola deterministica della biologia, cui sembra ispirarsi la visione dominante della NASA e condivisa dalla maggior parte dei giornalisti, in qualsiasi ambiente simile alla Terra la vita emerge automaticamente. Prendete una dose d'acqua, aggiungete gli amminoacidi e qualche altra sostanza, lasciate sobbollire per alcuni milioni di anni e - voilà! - ecco la vita.
    Questa diffusa visione è aspramente criticata dalla scuola contrapposta, che sottolinea l'incredibile intrico di molecole necessarie a costituire anche la più semplice forma di esistenza.
    Ai sostenitori di tale posizione, la pura e semplice complessità della vita appare il risultato di una capricciosa concatenazione di eventi, unica nel cosmo.
    Non è possibile che da una massa d'acqua, sia pur condita con i più fantasiosi ingredienti, scaturisca la vita a comando. Le condizioni terrestri non possono che essere un colpo di fortuna, messo a segno contro probabilità astronomiche.
    Quando sostengono che l'acqua equivale alla vita, gli scienziati della NASA non stanno solo innalzando il tono dei loro progetti, ma avanzano anche - tacitamente - un'importante e profonda supposizione sulla natura dell'universo. In sostanza, essi affermano che le leggi dell'universo sono abilmente congegnate per convincere la vita a nascere contro ogni realistica probabilità; che i princìpi matematici della fisica, nella loro elegante semplicità, in qualche modo prevedono la vita e la sua immensa complessità. Se la vita discende dal brodo in virtù di un processo causale, allora nelle leggi della natura è codificato un significato nascosto, un imperativo cosmico che dice:
    "Create la vita!" e, con essa, i suoi derivati: l'intelligenza, la consapevolezza, la cognizione.
    Il che equivale a dire che le leggi dell'universo hanno progettato la propria comprensione.
    Si tratta di una visione mozzafiato della natura, magnifica ed edificante nella sua maestosità.
    Sarebbe meraviglioso se lo fosse. Ma se lo è, rappresenta una svolta nella visione scientifica del mondo pari a quelle introdotte da Copernico e da Darwin messi insieme. Non dovrebbe essere dissimulata sotto la disinvolta affermazione che l'acqua più i composti organici equivale, ovviamente, alla vita, perché è un fatto tutt'altro che ovvio.
    Se il determinismo biologico sarà davvero confermato dalla scoperta di forme di vita alternative a quella terrestre, ciò comporterà un drastico cambiamento del paradigma ortodosso, radicato nella contingenza darwiniana.
    Tale dottrina afferma che niente nella vita è preordinato, che l'evoluzione biologica è una lunga serie di accidenti, privi di un significato e di una direzione. Non ci sono finalità recondite. Ma se la vita è in qualche modo inevitabile, vuol dire che, indipendentemente dalle evenienze fortuite o dal fato, esiste una precisa meta da raggiungere: è scritta nelle leggi.
    La parola "meta" appare troppo simile a "scopo" o "fine", termini tabù nella scienza dell'ultimo secolo, per il loro riecheggiare un'epoca religiosa ormai tramontata.
    Le implicazioni della scoperta della vita nello spazio sono quindi di capitale importanza; trascendono la mera scienza, per affrontare questioni filosofiche circa la possibilità di un significato ultimo dell'esistenza materiale o la sostanziale assurdità e insensatezza della vita, dell'universo e di ogni cosa creata.
     
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69 replies since 4/6/2008, 19:45   1407 views
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